Un libro particolare, delizioso, gradevolissimo questo "Sinite parvulos", e profondo e intenso anche, malgrado l'apparente semplicità. Ancora una volta, dopo "Il cancello dei ricordi", Bruna Nizzola continua a stupirci per la sua peculiarissima capacità di far riaffiorare un passato in cui tutti ci riconosciamo, come pure di scavarci dentro, di coinvolgerci con mezzi inusitati per la Letteratura italiana, e cioè con un'estrema familiarità e semplificazione dei toni, del linguaggio, con la domesticità degli assunti.
Si tratta di 19 raccontini e di una conclusione condotti con mano leggera che, senza toni predicatori, senza sovrastrutture ideologiche o programmatiche (che finiscono poi per annoiare o infastidire il lettore), affrontano acutamente e mirabilmente i temi, le problematiche, le tensioni, i cambiamenti che hanno attraversato la nostra Scuola e, di riflesso, la società italiana dagli anni Cinquanta ai primi anni Ottanta.
Ne scaturisce un fluido, mosso, variegato ritorno al nostro recente passato, a quegli anni che hanno profondamente cambiato le nostre abitudini, assai semplici e "nostrali", il nostro stesso modo di comportarci, di essere, di esistere.
Così il libro, con la sua magistrale semplicità e la sua incisiva efficacia, scorre via, tra qualche sottile rimpianto per la genuina innocenza dei "vecchi tempi", in tutta la sua fresca, inimitabile fragranza e si chiude con una serie di interrogativi sulla validità delle risposte, delle indicazioni, della proposizione dei grandi valori,, del "messaggio" che una classe docente onesta, fidente e anche un po' ingenua ha saputo dare ai propri allievi, e con la fervida, appassionata speranza che tanto scrupoloso fervore educativo non sia andato del tutto disperso, sì "che un pietoso soffio di brezza sia riuscito a portare almeno uno dei semi sparsi con tanta fatica, ad una fertile zolla del campo infinito della Pace, della Tolleranza, dell'Amore".

Manrico Testi
scrittore e critico d'arte
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